Un ascensore per la libertà

Un ascensore per la libertà

Emo Gruppioni disabile di 83 anni, costretto in casa da 15, avrà finalmente l’ascensore. Una battaglia vinta da Confabitare.

Arrivati a questo punto la vicenda di Emo Gruppioni può dirsi risolta. Emo è un signore disabile di 83 anni, costretto in casa da 15, a causa di più della metà dei condomini dello stabile in cui vive che negli anni si sono opposti all’installazione di un ascensore, per motivi futili se comparati alla necessità di Emo di vivere una vita normale. “Toglie luce alla tromba delle scale, durante i lavori ci sarà molta polvere, serve principalmente a voi perché la palazzina è solo di tre piani e voi abitate al terzo”, queste alcune delle motivazioni che venivano tirate fuori durante le assemblee di condominio, accompagnate spesso da una chiosa infelice: “perché non cambiate casa?”. C’è stato anche chi ha sostenuto che l’ascensore non si sarebbe potuto installare per via delle dimensioni che avrebbero richiesto una deroga alla legge 13/89 (specifica per “abbattimento delle barriere architettoniche”).
Nonostante le tante difficoltà quotidiane la figlia di Emo, Elisa, non demorde. Quest’anno c’è la possibilità di inserire nel Superbonus 110% anche l’ascensore come elemento trainato e decide di fare tutto il possibile per conseguire il suo obiettivo.

È Marzo, il condominio sta per iniziare i lavori del Superbonus, il tempo stringe e in questo frangente Elisa sente la necessità di affidarsi ad un’associazione che tuteli la posizione della sua famiglia e l’accompagni in questo momento difficile coi condomini. Si reca a Confabitare nella sede della sua città, Bologna, che è anche la sede nazionale dell’associazione. Confabitare oltre al supporto tecnico, si dimostra molto sensibile ad abbattere le barriere architettoniche e vuole risolvere il caso.

Siamo al 7 Luglio, Elisa deve andare all’ennesima assemblea per richiedere l’inserimento dell’ascensore nella pratica. Confabitare consiglia un suo avvocato per assisterla. All’assemblea, su 20 condomini, 11 si oppongono all’installazione, ma per il Superbonus bastano 1/3 dei proprietari favorevoli (e non i 500 millesimi) dunque, rimostranze a parte, l’assemblea si conclude nel migliore dei modi: l’ascensore si può installare senza problemi e senza impegno economico. Sembrava che tutto fosse andato a buon fine, ma il 30 luglio un condomino si oppone impugnando la delibera, adducendo che l’ascensore può provocare danni strutturali e costringendo così Elisa ad una perizia di un architetto e di un ingegnere.

Entrambi rilevano che l’installazione di un ascensore di dimensioni più piccole della norma è fattibile e non reca danni all’immobile. Lo studio è fatto molto bene, basta solamente la deroga firmata dal Comune (attesa per i primi di ottobre), ma con l’impugnazione della delibera condominiale e la conseguente mediazione si rischia di andare oltre i tempi del Superbonus.

Elisa si sente sola e sconfortata, non riesce ad accettare l’ingiustizia, pensa che ci sia bisogno di un cambio di mentalità, che non si possa vivere in una società tanto egoista. È tarda sera, ma telefona ad Alberto Zanni, il Presidente Nazionale di Confabitare e valutando la ristrettezza dei tempi, decidono assieme che l’unica soluzione, a questo punto, è quella di denunciare l’accaduto alla stampa, sperando di far riflettere così i condomini e riportare sui suoi passi l’unico che ha impugnato la delibera.

Obiettivo è quello di accelerare i tempi sensibilizzando il condomino e l’opinione pubblica, inviando comunicati stampa alle varie redazioni, e cercando il supporto di qualche testata. BolognaToday, Il Corriere di Bologna ed ÈTV, e Il Resto del Carlino non solo richiamano immediatamente per avere notizie dettagliate, ma i giornalisti dimostrano di voler supportare i Gruppioni, animati da un personale senso di giustizia. Il Corriere ritiene che il caso sia da comunicare anche a livello nazionale, così la storia di Emo viene pubblicata sul Corriere della Sera ed è qui che arriva il sostegno di tanti Italiani che con lettere e telefonate convincono Emo che c’è ancora tanta solidarietà e buon cuore. Inaspettatamente la storia di Emo tocca le corde di una star: J-Ax manda un messaggio attraverso i suoi canali social, diretto al condomino che ha impugnato la delibera e al Sindaco di Bologna.

Sia il Sindaco uscente Virginio Merola, che il candidato Sindaco Matteo Lepore contattano la famiglia Gruppioni e fanno presente la loro vicinanza. Merola fa quanto in suo potere per dimostrarlo coi fatti e chiede di velocizzare l’emissione della deroga che conferma quanto accertato dall’ingegnere e dall’architetto, e arriva ai Gruppioni una settimana prima del previsto.

Rimane lo scoglio del condomino che ha impugnato la delibera, il clamore mediatico non pare scuoterlo e si aspetta l’8 ottobre, quando è fissata la mediazione. Ma qualche giorno prima arriva ad Elisa una lettera dell’avvocato che, nello stupore di tutti, comunica la rinuncia del condomino all’impugnazione della delibera. In tutto questo periodo Confabitare ha avuto modo di conoscere una famiglia meravigliosa, un esempio di vita, di amore e di fede, tenuta in gabbia da situazioni avverse, perché purtroppo l’ascensore, per loro, non è stato l’unico ostacolo alla libertà.

Elisa Gruppioni, qual è stato il tuo primo pensiero quando hai letto la lettera dell’avvocato? Non potevo crederci. Ho faticato 15 anni per far avere l’ascensore a mio padre, nella più totale solitudine, in Comune non mi rispondevano e le associazioni non mi supportavano. Con Confabitare abbiamo portato avanti un ottimo lavoro a livello tecnico, ma sussisteva il problema della tempistica del Superbonus 110%. Mi sono resa conto di quanto i media, se utilizzati da persone di cuore, possano fare tanto e accorciare i tempi in casi disperati come il nostro.

Il clamore ha portato l’unico condomino che aveva impugnato la delibera a tornare sui suoi passi. Hai un pensiero per lui? Voglio sperare in una presa di coscienza del condomino che si è ritirato e anche degli altri 10 che non volevano l’ascensore. A volte si è assorti nella propria quotidianità e non ci si accorge delle infinite opportunità che si hanno di aiutare il nostro prossimo. Mia mamma ricorda con nostalgia i tempi in cui tutti nel condominio andavamo d’accordo, il periodo coincide con quando i miei stavano bene e non erano percepiti come un peso. Per arrivare alla delibera del 7 luglio ho trascorso sei mesi tra interpelli all’Agenzia delle Entrate e colloqui con gli uffici del Comune, perché nessuno credeva fosse possibile inserire l’ascensore come elemento trainato e quindi ad ogni assemblea mi venivano messi sempre nuovi paletti che dovevo superare. Solo grazie a Confabitare ed all’avvocato che mi ha indicato, sono riuscita ad andare avanti in questa battaglia.

Che ruolo ha avuto Confabitare? Quando mio cugino mi ha portata a conoscere Alberto Zanni il Presidente Nazionale di Confabitare, che gestisce anche la sede di Bologna, mi sono detta proviamoci, la tessera annuale è accessibile, non siamo in condizioni da poterci permettere grandi somme. Nonostante i miei cugini mi avessero parlato bene di Confabitare e dell’umanità di Alberto Zanni, ero scettica a causa delle precedenti esperienze negative con altri Enti e con le Istituzioni. Invece mi sono totalmente ricreduta. Sono stata seguita subito dopo l’iscrizione, per tutta questa vicenda, con molta professionalità ed umanità, ben oltre le mie aspettative. Ho contattato il presidente Zanni anche di sabato o la sera e mi ha sempre risposto. Questo non è certo scontato e va ben oltre il pagamento di una quota associativa.

Quali sono stati i vostri sentimenti durante i punti nevralgici della vicenda? Per la malattia di papà e per tutta una serie di “sfortune” (coincidenze sbagliate, quasi fantozziane talvolta) che ci sono capitate, abbiamo provato un senso di impotenza negli anni, quasi di tacita rassegnazione, ma che non ci ha fatto mai desistere dal rialzare la testa. Anche se capita sempre qualcosa che un minuto dopo ce la fa riabbassare, come sempre a ricordarci che non abbiamo il diritto di essere “sereni”, non pretendo felici, neanche un minuto.

Come avete vissuto il clamore mediatico? Francamente non mi aspettavo neanche lontanamente tutto questo. Ho cercato di tenerne fuori i miei genitori perché disabili, anziani e molto riservati. Quindi loro hanno vissuto marginalmente tutto questo: qualche telefonata, titoli di giornale e qualche foto. Per me è stato diverso. Sono contenta di aver tenuto la “barra dritta” verso l’obiettivo, grazie anche ai consigli di mio marito e di Confabitare, per non spettacolarizzare tutta questa vicenda e farla scadere verso il pietismo.

Come avete vissuto la vicinanza di una star e di altre persone? È stato curioso associare papà, disabile e chiuso in casa, ad un rapper come J-Ax. Per un momento vedere e sentire il nome di Emo lo ha fatto uscire non solo dai confini del suo appartamento, ma del palazzo, dalla via, dalla città e lo ha fatto entrare nelle case di tutta Italia (o quasi). Era una persona “normale”. Siamo molto grati a J-Ax il suo contributo è stato decisivo.

Come sono ora e com’erano prima i rapporti con i vicini? Ora c’è qualche famiglia che ci supporta, ma in generale siamo soli, ma non è stato sempre così, vorrei ritrovare alcune amicizie che attualmente ho perso e per la cui perdita ho sofferto molto (anche i miei genitori). Non dimentichiamo neanche i molti favori che ci sono stati fatti nel passato da queste persone e che sono stati ripagati da noi solo con un semplice “grazie”. Il nostro è un bel condominio che con gli anni si è anestetizzato.

Come ha vissuto tuo padre questi 15 anni costretto in casa? Papà ha sempre avuto un carattere tranquillo e positivo. Nella sua vita, dopo la malattia, ha avuto un altro grosso dispiacere: aveva un’azienda artigianale che ha dovuto chiudere per le pressioni dei suoi dipendenti, che poi hanno riaperto senza di lui. Quindi si è ritrovato in pensione forzata a soli 50 anni. Ricordo che papà ha una disabilità fisica, ma non psichica e quindi per un uomo come lui, non poter provvedere alla propria famiglia, ed essere privato del lavoro prima del tempo è sicuramente stato come avere una seconda malattia.

Diciamo che si è adattato alla sua condizione da “recluso”, via via sostenuto anche da una forte fede e da un gruppo di amici che ha trovato nel corso degli anni. Gli amici del pre-malattia infatti sono quasi tutti spariti nel tempo.
La cosa a cui penso spesso ultimamente è che se avessi fatto qualcosa prima avrei guadagnato forse qualche hanno di libertà per lui, perchè ormai gli anni persi non può restituirglieli nessuno.

Com’è stato vivere con un padre disabile per te e per tua mamma? Vivere a tempo pieno con un disabile e assisterlo, non differisce tantissimo dall’essere disabili, perché per amore si fanno rinunce, per non ferire la sua sensibilità. Quindi è come vivere con uno zaino sulle spalle, dover fare le cose che fa la gente “normale”, ma con il doppio della fatica. Mia madre è una donna forte, ma non ha mai avuto una vita semplice: veniva da una famiglia di partigiani, dunque, ha vissuto in maniera disastrosa il periodo della guerra, poi ha badato ai suoi genitori anziani, dopodiché, libera dagli impegni con la sua famiglia d’origine, si è dedicata a me e a mio padre in maniera più serena.
A quarant’anni è cambiata nuovamente la sua vita in modo radicale: da casalinga che conduceva una vita modesta, ma finalmente con le sue sicurezze quotidiane, si è ritrovata con un marito (la sua colonna fino a quel momento) malato, ed una bambina da crescere. Un futuro incerto quindi, e pochi aiuti anche dai parenti ,fratelli compresi. Si è rimboccata nuovamente le maniche, ha iniziato a lavorare presso alcune famiglie facendo le pulizie ed ha preso anche la patente, ormai non più giovane.

Papà ha avuto l’ictus quando avevo 8 anni, ero in seconda elementare, e da quel momento la mia vita è cambiata profondamente. Inoltre solo due anni prima la mamma ha avuto una malattia che l’ha costretta sei mesi in isolamento all’Ospedale Maggiore. Entrambe le malattie hanno avuto per me un forte impatto psicologico ed emotivo perché ho visto entrambe le figure dei miei genitori, che per un bambino sono “pilastri” intoccabili e forti, sgretolarsi sotto i miei occhi.

Ho un ricordo che riassume il mio stato d’animo di quegli anni: rivedo me nascosta dietro la poltrona del salotto con una foto in mano di mia mamma, mentre piango, e le lacrime di mio padre che legge una poesia commovente.
Le rinunce sono state tante perché non c’erano possibilità economiche e perchè papà non stava bene e quindi anche solo una gita la domenica non si poteva fare. Le cose importanti (come gli studi) mi sono sempre state garantite da borse di studio, perché mi impegnavo per conseguirle e grazie anche all’aiuto di mia zia paterna: Edda, che nubile, viveva vicino a noi e che ci ha supportato economicamente e moralmente. Grazie a lei quando ero adolescente sono riuscita a fare anche qualche vacanza con gli amici.

Oggi sono contenta di non aver avuto tutto ciò che desideravo: mi fa apprezzare maggiormente ciò che ho e mi ha insegnato che il sacrificio aiuta a dare il giusto valore alle cose.

Chi si è ricordato di tuo padre in questo periodo? La maggior parte sono amici che i miei hanno conosciuto nell’ambito della chiesa o amici legati alle scuole che ho frequentato come le mie insegnanti, ad esempio, dalle elementari al liceo. Le loro visite ci davano un senso di normalità, avremmo preferito vederli liberamente al parco o in chiesa, ma non ci hanno mai fatto pesare il fatto di dover venire sempre da noi perché papà non poteva muoversi di casa, non avendo l’ascensore.

Cos’è per te la Libertà? La libertà per me e la mia famiglia non è un concetto scontato. Spesso paragono la vita di un disabile e di chi gli sta accanto a quella di un carcerato. Senza aver commesso nessun reato ci siamo ritrovati negli anni ad aver sempre meno libertà di spostamenti e anche le cose più banali sono diventate un problema (fare una passeggiata, andare a trovare gli amici, una visita medica, andare a fare la spesa) e questo ha determinato l’isolamento, soprattutto per i miei genitori. Adesso il telefono è una porta verso il mondo, soprattutto per mia madre; papà ha una forte ipoacusia nonostante le protesi acustiche e quindi ne beneficia poco, ma non può sostituire il contatto umano, come può essere conversare con qualcuno guardandosi negli occhi. Nessuno dovrebbe essere così limitato nel poter vivere la quotidianità fatta anche solo di cose banali, come andare a comprare il pane e scambiare un paio di chiacchere con il bottegaio. Non vedo l’ora di provare quel senso di normalità e liberazione da tutti questi ostacoli.

Cosa intendi per Liberazione? Discendendo da una famiglia di partigiani, liberazione è una parola carica di significato per me. Rapportata a questa vicenda sicuramente è la libertà di uscire senza dover chiedere l’ausilio di persone esterne e senza doverlo programmare per tempo, prenotando un’ambulanza. Per “Elisa” la liberazione sarebbe uscire da questa situazione in cui mi sono ritrovata da quando avevo otto anni e che per amore, riconoscenza e senso di responsabilità, mi sono ritrovata a gestire bene o male (ho probabilmente fatto anche molti errori). Questo ha condizionato pesantemente me e chi mi sta accanto da tanti anni, per quanto riguarda alcune scelte di vita e di lavoro causandomi anche alcuni sensi di colpa, anche se non dovrei averli.

Quali sono le vostre speranze per il futuro? Uscire di casa senza problemi e riuscire ad abbattere altre barriere architettoniche presenti nell’appartamento (in primis il bagno), sperando che papà possa beneficiarne per qualche anno ancora. In molti ci hanno detto negli anni e ora, “viste tutte queste barriere perché non andare in un’altra casa?”. All’inizio di questa malattia non abbiamo cambiato casa perché non era possibile economicamente, e neanche ora di fatto. Oggi, a maggior ragione, perchè sradicare delle persone anziane dalla propria casa, che ormai considerano come dice spesso mia mamma una “persona”, trovo sia una violenza ulteriore a cui non voglio portare i miei genitori, viste le tante prove difficili a cui la vita li ha sottoposti. Ci sono le altre barriere da abbattere e i 15 anni di “reclusione” non glieli renderà nessuno, però mi batterò perché i miei genitori possano vivere serenamente i prossimi anni.

Grazie a Confabitare che a livello tecnico seguiva i Gruppioni da 6 mesi per permettere l’installazione dell’ascensore col Superbonus 110%, ai Media, che hanno parlato della situazione del Signor Emo a livello locale e nazionale e a J-Ax, che ha dato un’ampia risonanza alla vicenda, e al Sindaco che prodigandosi con la firma della delega ha evidenziato l’infondatezza dei problemi strutturali prima della data della mediazione, il condomino ha rinunciato all’impugnazione della delibera, l’ascensore si fa ed Emo potrà finalmente uscire di casa senza dover chiamare un’ambulanza.

Alberto Zanni, Presidente Nazionale di Confabitare, si ritiene soddisfatto del risultato ottenuto? Sono molto soddisfatto del risultato, abbiamo tanti casi risolti, per fortuna non così gravi. In questo caso abbiamo dispiegato le nostre forze tecniche e anche mediatiche. Avrei preferito evitare di sollecitare l’opinione pubblica su una tematica così delicata, avrebbe significato vivere in una società migliore. Elisa è una donna molto forte, non si è data per vinta, ha continuato imperterrita la sua ricerca che l’ha portata fino a noi e grazie ad un ragionato lavoro di squadra siamo riusciti a far ottenere l’ascensore ad Emo e creare i presupposti per far vivere a questa famiglia la vita serena che merita.

Qual è la parte più assurda di questa vicenda? Di sicuro negare la libertà ad un uomo disabile e condizionare la sua famiglia. Poi impugnare la delibera una volta che si è dato l’ok ai lavori è persecuzione.

Cosa pensa del fatto che i Gruppioni sperano in buoni rapporti condominiali nonostante tutto quello che hanno vissuto? Voltare pagina è nelle corde di questa famiglia che purtroppo ha passato periodi difficilissimi. Sono situazioni inconcepibili per chi conduce una vita serena coi propri punti di riferimento e le proprie certezze. Essere in disaccordo con un condomino per molti può considerarsi la normalità e neanche un grosso peso, ma come società non possiamo permettere che persone come Emo e la moglie, la cui vita si identifica con la casa, siano percepite come un peso da undici condomini, pur non arrecando alcun danno, questo non è un problema dei Gruppioni, è un problema di tutti.

È certo che l’ascensore verrà installato o teme che all’ultimo minuto possa saltare fuori qualche problema ?
L’ascensore si farà e non c’è nessun impedimento strutturale o di legge, tuttavia terremo monitorato il caso.

Vuol dire qualcosa a chi si trova nella stessa condizione, ma non ha le forze e il coraggio per denunciare la vicenda?
La nostra associazione è aperta a tutti, venite da noi, raccontateci la vostra situazione e insieme lavoreremo per studiare la strategia migliore per abbattere le barriere architettoniche e sociali. La tessera annuale è veramente accessibile e non deve considerarsi un ostacolo. Se non potete muovervi di casa basta anche solo una telefonata.

Eleonora Carboni

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