La solidarietà condominiale, la Corte di Cassazione torna ad occuparsene

“La normativa concernente il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche deve ritenersi applicabile anche alle persone che, in condizione dell’età avanzata, pur non essendo portatori di handicap, abbiano comunque disagi fisici e difficoltà motorie.

Il diritto al mantenimento ed all’uso dei dispositivi antibarriera (nella specie, un dispositivo servo scale), installati (anche provvisoriamente) in presenza di un soggetto residente portatore di handicap o comunque in condizioni di disabilità, non costituisce un diritto personale ed intrasmissibile del condomino disabile che si estingue con la morte dello stesso.”

E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione II Civile, con la sentenza del 28 marzo 2017, n. 7938, mediante la quale ha accolto il ricorso e cassato quanto già deciso dalla Corte d’appello di Roma con rinvio della questione ad altra sezione.

LA VICENDA

La pronuncia traeva origine dal FATTO che il Tribunale di Roma, con la sentenza n. XXXXX/2003, pronunciando sulla controversia instaurata da SRL e MEVIA nei confronti del Condominio X in Roma, confermò l’ordinanza cautelare di autorizzazione degli attori all’esecuzione delle opere aventi ad oggetto la modifica dell’impianto di ascensore e la prosecuzione della scala condominiale sino al piano superattico.

Il giudice di prime cure, peraltro, in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta, in via subordinata, del condominio, condannò gli attori al risarcimento del danno provocato al condominio dagli eseguiti lavori, che avevano inciso negativamente sul decoro architettonico dell’edificio, ed avevano, altresì, determinato un pregiudizio derivante dal maggiore utilizzo e sfruttamento del nuovo impianto da parte degli ultimi appartamenti da esso serviti, danni da liquidarsi in separato giudizio.

Il Condominio impugnò detta sentenza nei confronti di SRL (nel frattempo posta in liquidazione), nonché degli eredi di MEVIA, riproponendo la domanda di rimessione in pristino o in subordine di condanna degli appellati al risarcimento dei danni derivanti dalla realizzazione delle opere in oggetto.

Sulla domanda la Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. XXXX/2013, in accoglimento dell’appello principale, condannò gli appellati alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi, con integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.

La Corte d’Appello, in particolare, premesso che non era stata fornita alcuna concreta dimostrazione che la signora MEVIA, ormai deceduta, avesse gravi difficoltà di deambulazione, non potendo dunque trovare applicazione la normativa sull’eliminazione delle barriere architettoniche, affermò che le opere dovevano ritenersi in contrasto con al disposizione dell’art. 5) n.12 del Regolamento condominiale, che vietava l’esecuzione di qualunque opera interessante le strutture portanti e che comunque alterassero l’aspetto architettonico dell’edificio ed ogni modifica agli impianti di uso generale, senza l’autorizzazione dell’assemblea dei condomini.

La Corte territoriale inoltre rilevò, da un lato, che il divieto contenuto nella richiamata disposizione del Regolamento condominiale doveva ritenersi assoluto, non potendo invocarsi in contrario il disposto dell’art. 1102 c.c. e che, nel merito, la realizzazione di una rampa di scala aveva necessariamente interessato le strutture portanti dell’edificio, mentre la realizzazione dell’ascensore (per giungere sino al piano superattico) costituiva modifica di un “impianto” di uso generale.

Per la cassazione di detta sentenza propongono ricorso, affidato a tre motivi gli eredi di MEVIA.

I MOTIVI DI RICORSO

Con il primo motivo, i ricorrenti denunziavano la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., 1102 c.c., nonché della normativa in materia di eliminazione delle barriere architettoniche ex artt. 1 e 2 1.13/1989 e 77 e 78 Dpr 380/2001 e lamentavano che la Corte territoriale avesse omesso di valutare la legittimità delle opere, sia in relazione alla normativa in materia di eliminazione delle barriere architettoniche, che dell’art. 1102 c.c.

Con il secondo motivo, si denunziava la violazione e falsa applicazione dell’art. 1102 c.c., degli artt. 2, 32 e 42 Cost., dell’art. 1322 c.c. e della normativa in materia di eliminazione delle barriere architettoniche, di cui agli artt. 1 e 2 1.13/1989 e 77 e 78 Dpr 380/2001, nonché, con il terzo motivo, la nullità per carenza di motivazione, anche in violazione degli artt. 111 Cost., 132 cpc e 118 Disp. Att cpc, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto che il diritto del proprietario di favorire, mediante l’esecuzione di opere a proprie spese ex art. 1102 c.c., un accesso agevole e dignitoso alla sua proprietà possa essere derogata dal regolamento condominiale, deducendo che ciò sarebbe in contrasto con diritti costituzionalmente tutelati, ed in particolare il fondamentale diritto alla salute, di cui all’art. 32 della Costituzione.

LA DECISIONE

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi, mediante la citata sentenza n. 7938/2017, ha ritenuto fondati i motivi ed ha accolto il ricorso.

Al contrario di quanto rilevato dalla Corte del merito, la Cassazione ha precisato che, come evidenziato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.167/1999, la legislazione relativa ai portatori di handicap, (ed in particolare la legge 9 gennaio 1989 n.13 recante “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati” e la legge 5 febbraio 1992, n.104, “Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”) non si è limitata ad innalzare il livello di tutela in favore di tali soggetti, ma, come già affermato (Corte di Cassazione, sentenza 18334/2012 in motivazione), ha segnato un radicale mutamento di prospettiva rispetto al modo stesso di affrontare i problemi delle persone affette da invalidità, tali da dover essere assunti dall’intera collettività.

Va anche considerato, ha puntualizzato la Corte di Cassazione, che apposite leggi hanno introdotto disposizioni generali per la costruzione di edifici privati e per la ristrutturazione di quelli preesistenti, intese alla eliminazione delle barriere architettoniche, indipendentemente dalla effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte delle persone disabili (Corte Costituzionale, sentenza. n.167/1999).

Tanto che può affermarsi che nella valutazione del legislatore, quale si desume dall’art. 1 cit. legge n.13/1989, dunque, l’installazione dell’ascensore o di altri congegni con le caratteristiche richieste dalla normativa tecnica, idonei ad assicurare l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli edifici, costituisce elemento che deve necessariamente essere previsto dai progetti relativi alla costruzione di nuovi edifici, ovvero alla ristrutturazione di nuovi edifici.

Da tale indicazione, la S.C. ha desunto che, nella valutazione del Legislatore, l’ascensore ed i congegni similari, ma, negli edifici con più di tre livelli fuori terra, solo l’ascensore, costituiscono una dotazione imprescindibile per l’approvazione dei relativi progetti edilizi, potendo, dunque, fondatamente, ritenersi che, sulla base della legislazione vigente, l’esistenza dell’ascensore possa, senz’altro, ritenersi funzionale ad assicurare la vivibilità dell’appartamento e rivesta, pertanto, carattere essenziale.

L’installazione di un ascensore, ha precisato ancora la Suprema Corte, deve, dunque, considerarsi indispensabile ai fini dell’accessibilità dell’edificio e della reale abitabilità dell’appartamento e rientra, pertanto, nei poteri dei singoli condomini, ai sensi dell’art. 1102 c.c., esigendo il rispetto dei soli limiti dettati da detta norma, comportanti il divieto di alterare la destinazione della cosa comune o impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto (Corte di Cassazione, sentenze n. 14096/2012 e n. 14809/2014).

Nella fattispecie in esame, dunque, i divieti del regolamento condominiale ulteriori rispetto ai generali limiti stabiliti dall’art.1102 c.c., sono apparsi alla S.C. recessivi rispetto all’ipotesi di realizzazione di opere, quale ampliamento delle scale ed adeguamento dell’ascensore, che devono ritenersi indispensabili ai fini di un’effettiva abitabilità dell’immobile, intesa nel senso di una condizione abitativa che rispetti l’evoluzione delle esigenze generali dei condomini, o di chi comunque utilizza il condominio, ed il rispetto del benessere abitativo e di piena utilizzazione della propria abitazione, dovendo ritenersi che le disposizioni in materia di eliminazione di barriere architettoniche costituiscono norme imperative ed inderogabili, direttamente attuative degli artt. 32 e 42 Costituzione.

La Corte territoriale, secondo la Corte di Cassazione, avrebbe, inoltre, dovuto tenere conto del principio di solidarietà condominiale, già applicato dalla Cassazione stessa per affermare che, in materia di condominio, le norme relative ai rapporti di vicinato, tra cui quella dell’art. 889 c.c. trovano applicazione soltanto in quanto compatibili con la concreta struttura dell’edificio e con la particolare natura dei diritti e facoltà dei singoli proprietari, considerando che la coesistenza di più appartamenti in un unico edificio implica di per sé il contemperamento di vari interessi al fine dell’ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali, e ciò a maggior ragione laddove vengano in rilievo diritti fondamentali di persone disabili e comunque anziane.

Ha, inoltre, osservato al riguardo che tali disposizioni devono ritenersi vigenti indipendentemente dall’effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte di persone disabili (in tal senso, Corte Costituzionale, sentenza n.167/1999).

Il concetto di disabilità è stato, inoltre, interpretato dalla S.C. in senso ampio, anche alla luce della nuova dimensione che ha assunto il diritto alla salute, non più intesa come semplice assenza di malattia, ma come stato di completo benessere fisico e psichico (ex multis, Corte di Cassazione, sentenza 21748/2007), sì da doversi ritenere che la normativa concernente il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche di cui all’art. 2 Legge n.13/1989 debba ritenersi applicabile anche alle persone che, in condizione dell’età avanzata, pur non essendo portatori di handicap, abbiano comunque disagi fisici e difficoltà motorie.

La S.C. ha, infine, osservato, inoltre, che, dalla già menzionata considerazione che la legge. n. 13 del 1989, in tema di eliminazione delle barriere architettoniche, costituisce espressione di un principio di solidarietà sociale e persegue finalità di carattere pubblicistico volte a favorire, nell’interesse generale, l’accessibilità agli edifici, il diritto al mantenimento ed all’uso dei dispositivi antibarriera (nella specie, un dispositivo servo scale), installati (anche provvisoriamente) in presenza di un soggetto residente portatore di “handicap” o comunque in condizioni di disabilità, non costituisce un diritto personale ed intrasmissibile del condomino disabile, che si estingue con la morte dello stesso (Corte di Cassazione, sentenza, n.3858/2016), onde non ha assunto rilievo la circostanza che la signora MEVIA, che come già evidenziato, all’epoca dell’instaurazione della controversia aveva già 86 anni, sia deceduta nelle more del giudizio.

CONSIDERAZIONI FINALI

Commentiamo con profonda soddisfazione questa recente sentenza della Suprema Corte la quale ha nuovamente ribadito che il principio di solidarietà, quale principio di assunzione da parte della collettività delle problematiche di disagio fisico dei singoli individui, riguardi anche, necessariamente, il condominio.

Confabitare, da sempre, sostiene che le problematiche del disagio fisico e non solo, debbano essere necessariamente assunte con consapevolezza, responsabilità e sensibilità dalla collettività condominiale ed ha anche realizzato un progetto concreto in tal senso, denominato “Condominio Solidale”, che sta riscuotendo ampi consensi nel territorio nazionale. Sempre in tal senso, gli amministratori condominiali associati a Confamministrare, vengono opportunamente coinvolti e dovutamente istruiti sulla tematica del disagio nei condomìni, nei corsi di formazione iniziale e periodica, e di ciò ne siamo fieri, fermamente convinti che ciò che distingue le associazioni del settore sia proprio la progettualità e la concreta operatività.

Avv.Luigi Grillo (Presidente di Confabitare Napoli)

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