Il ruolo del mediatore e le procedure conciliative nell’Ordinamento italiano prima del D.Lgs. 28\2010

La conciliazione stragiudiziale professionale, introdotta in via generalizzata dal D.lgs n. 28/2010, rappresenta uno strumento di composizione non giudiziale delle controversie che può essere estremamente efficace per la gestione dei conflitti nei rapporti tra privati, tra società, ed anche tra consumatori ed enti.

Rispetto al ricorso alla giustizia ordinaria, consente di conseguire tre ordini di vantaggi:

  • tempi di soluzione brevi (il D.lgs n. 28/2010 prevede che la procedura si concluda entro 4 mesi, ma secondo le statistiche la durata media è di 60 giorni!)
  • costi limitati e prevedibili (in quanto predeterminati nel regolamento dell’ente di conciliazione)
  • possibilità di avere soluzioni creative, ritagliate sulle effettive esigenze delle parti in contesa.

Nell’ambito della sessione di conciliazione le parti non si affrontano ma si confortano: mentre in Tribunale i litiganti delegano il dialogo processuale agli scritti ed alle richieste degli avvocati e cedono il controllo della decisione ad una terza parte (il giudice), durante gli incontri di mediazione i protagonisti sono i contendenti che, in quanto personalmente interessati all’esito della controversia, gestiscono le trattative in modo da raggiungere la soluzione migliore per entrambi.

Ciò è reso possibile grazie alla presenza del conciliatore, che svolge il ruolo fondamentale di agevolatore della comunicazione, consentendo alle parti di superare l’atteggiamento di contrapposizione che può nascere da un negoziazione diretta tra loro, ed attirandole nel meccanismo virtuoso della comunicazione assistita.

Il D.lgs n. 28/2010 ha sostituito il termine conciliatore con il termine mediatore, ma ha lasciato immutate le caratteristiche del suo ruolo: si tratta di un professionista, esperto in tecniche di risoluzione delle controversie, con il compito di condurre le parti a trovare un accordo pienamente condiviso da entrambe, che consenta loro di mantenere rapporti buoni e duraturi.

Per la delicatezza e la rilevanza della funzione affidatagli, la legge impone al mediatore una preparazione specialistica di alto livello, da aggiornare in modo continuativo per tutta la durata della sua attività professionale, mediante la partecipazione a corsi di formazione e di aggiornamento ripetuti con cadenza al massimo biennale.

Su cosa verte la preparazione del mediatore? Principalmente su insegnamenti di tecnica e psicologia della comunicazione, gestione delle emozioni, metodologie del linguaggio, sistemi di risoluzione alternativa delle controversie, nonché aspetti strettamente giuridici quali l’approfondimento delle normative italiane e comunitarie, in tema di metodi alternativi di risoluzione delle controversie.

Infatti, nell’ordinamento italiano, ben prima dell’emanazione del D.lgs n. 28/2010, erano già previsti e disciplinati numerosi tipi di procedure conciliative, sia giudiziali che stragiudiziali, sia obbligatorie che facoltative. Vediamone qualche esempio.

Innanzitutto la mappa dei procedimenti di tipo conciliativo di cui sono disseminati il codice di procedura civile e la legislazione speciale – soprattutto in materia di lavoro e prestazioni professionali – è estremamente ampia, purtroppo non ha prodotto i risultati sperati quanto al numero di accordi raggiunti e di diminuzione delle cause portate a decisione, forse a causa della struttura rigida ed istituzionalizzata di un tentativo di composizione della lite diretto da un giudice, o da un suo delegato, nell’ambito di un processo.

Fuori dalle aule di giustizia, risultati molto soddisfacenti derivano dall’applicazione del sistema introdotto per la soluzione delle controversie tra organismi di telecomunicazioni ed utenti, in relazione alla fornitura dei servizi di telefonia, comunicazioni elettroniche, servizi televisivi e pay tv.

In quest’ambito, una legge in vigore già dal 1997, ha affidato all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (www.agcom.it) un procedimento obbligatorio di conciliazione estremamente economico, informale e rapido (termine di 30 giorni per l’espletamento dell’intero iter), che l’utente deve attivare presso il Comitato regionale per le comunicazioni prima di fare causa al gestore. Per comprendere il successo di questo strumento basti esaminare un dato: nel 2009 in Emilia Romagna gli accordi raggiunti, con piena soddisfazione dei consumatori, sono stati pari all’86% delle posizioni aperte.

In base alle leggi n.580/1993 e n.135/2001 è stata creata una rete di sportelli per la conciliazione delle controversie nell’ambito della fornitura di servizi turistici, che ha dato ottimi risultati per l’alta percentuale di negoziati conclusi positivamente (si attesta attorno al 90%), e per la durata media del procedimento (soli 45 giorni).

L’attenzione del legislatore, anche sulla spinta delle direttive della comunità europea, si è poi rivolta in modo particolare alla tutela del cittadino-consumatore: l’esistenza di un elevato numero di utenti potenzialmente interessati a vertenze con un limitato valore economico, ha rapidamente indotto anche gli enti gestori ad accettare di buon grado il ricorso a metodi alternativi per la risoluzione delle controversie e la gestione del contenzioso. Sono così state introdotte procedure per la soluzione extragiudiziale delle vertenze inerenti il servizio postale (protocollo di Roma, 11/12/2001), i rapporti tra imprese e consumatori in materia di consumo, commercio ed e-commerce (D.lgs. 206/2005 – Codice del Consumo), la fornitura di servizi professionali di tintolavanderia (L.84/2006), la fornitura di servizi per l’energie elettrica ed il gas (Direttiva CEE n. 54/2003 attuata con regolamento del 17/06/2008).

Autore: avv. Maddalena Mignardi – Responsabile Centro Studi Confabitare

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