Le immissioni provocate dal fumo di sigaretta

L’educazione civica è per definizione lo studio degli aspetti della vita associata nei suoi diversi livelli e nelle sue variegate espressioni, ha ad oggetto quindi l’analisi delle varie forme di governo di una cittadinanza, con particolare attenzione al ruolo dei cittadini ed al loro modo di operare.

All’interno di una tradizione etica, l’educazione civica consiste nella formazione dei cittadini; la sua storia risale alle prime teorie formulate in proposito da Platone nell’antica Grecia e da Confucio in Cina, i quali hanno contribuito, l’uno in Occidente e l’altro in Oriente, ad elaborare i concetti di diritto e di giustizia attuabili nella vita pubblica.

La maggior parte di noi crede nell’importanza dei valori civici; ne conosciamo i pregi e sappiamo bene che per il loro tramite la società si evolve e migliora. A guardarsi intorno, però, anche solo facendo un giro per la nostra città, non sembra che tali valori siano poi così tanto diffusi.

Se partiamo dall’analizzare il nostro comportamento e quello di chi ci vive accanto, notiano che anche nei nostri stabili, che da sempre rappresentano un piccolo spaccato di società, ci sono atteggiamenti di non curanza, indifferenza, di non rispetto delle parti comuni e di non attenzione a quelle che sono le regole e l’educazione verso il prossimo.

Anche CONFABITARE  spesso raccoglie lamentele e rimostranze di proprietari in merito a comportamenti altrui irrispettosi, non attenti alle regole ed al vivere civile, al fine di indirizzarli verso possibili soluzioni.

Emblematica è la realtà che interessa molti dei nostri associati costretti spesso a sopportare il fumo passivo anche negli spazi comuni condominiali.

Su tale aspetto, in via preliminare, va evidenziato come il diritto alla salute è tutelato innanzitutto dalla nostra Costituzione, dall’art. 32, come fondamentale diritto indisponibile dell’individuo e interesse generale della collettività. Il divieto antifumo interessa, indistintamente, tutti i locali chiusi, aperti al pubblico,  quali ad esempio i luoghi di lavoro ma anche qualsiasi locale riservato all’utenza pubblica e ricreativa (discoteche, pub, teatro, ospedali, ristoranti, ecc) ad eccezione solo degli spazi “riservati ai fumatori”, appositamente contrassegnati.
Alcuni studi hanno rilevato che un italiano su quattro è vittima del fumo passivo. In tali casi non è esagerato parlare di effetti nocivi in quanto sono ampiamente dimostrate le conseguenze, anche gravi, nei casi di esposizione prolungata o costante al fumo passivo. Si pensi soprattutto ai bimbi che hanno genitori fumatori. La sensibilizzazione su questo tema non è mai abbastanza, anche perché non tutti sono dotati di un buon livello di civiltà e di rispetto del prossimo.

La normativa più incisiva si è dimostrata la legge antifumo n. 3 del 2003 che ha posto il divieto di fumare in locali pubblici “chiusi”. Grazie a questa legge, molti non fumatori hanno riscoperto il piacere di andare al pub con gli amici o a ballare in discoteca al sabato sera respirando aria pulita e senza svegliarsi la mattina seguente con tosse e mal di gola. Peraltro anche molti fumatori hanno gradito questo intervento legislativo, sia perché impone loro una forzata diminuzione del numero di sigarette giornaliere, sia perché comunque, anche per un fumatore, l’aria di un locale, satura di fumo, risulta sgradevole. In precedenza, quando i locali erano affollati di gente che fumava, necessariamente il fumo fuoriusciva dal locale e a pagarne le conseguenze erano gli abitanti degli appartamenti sovrastanti che subivano le immissioni.

Il divieto di fumo istituito con la legge 3/2003 si estende anche agli spazi comuni del condominio, come androni, scale e ascensori. A precisarlo è il Ministero della Salute. Tali spazi non possono essere equiparati ad una abitazione privata, perché sono frequentati dai condomini e da altri “utenti” dei locali, come ad esempio gli addetti alle pulizie, alla manutenzione di ascensori e caldaie o alla consegna della posta. Da qui l’obbligo, da parte dell’amministratore, di apporre i cartelli di divieto di fumo, mentre i condomini o chiunque altro riscontri il mancato rispetto della norma, hanno facoltà di richiamare i trasgressori al rispetto della legge.

Anche la Corte di Cassazione non è rimasta indifferente a questo problema e, con la recente decisione n. 7879, del 31 marzo 2009, ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Firenze che condannava il titolare di un bar a risarcire la somma di diecimila euro ad una famiglia che abitava sopra ad un locale pubblico; nel caso in esame è stato provato che da molti anni la famiglia ricorrente era costretta a tenere chiuse le finestre, anche in estate, per evitare che il fumo, uscendo dal bar, entrasse nell’appartamento. Il tipo di danno che la Corte ha ritenuto sussistere non è quello patrimoniale, bensì il c.d. danno esistenziale che nel caso specifico consisterebbe nell’essere stati costretti a “subire gli effetti molesti, fastidiosi e insalubri del fumo passivo ed a tenere chiuse le finestre anche in piena estate per tutelare la propria salute”. In sostanza le immissioni impedivano alla famiglia di godere della propria casa.

Indiscutibile appare pertanto oltre che il disagio, anche la limitazione che tali proprietari hanno nel  godere in modo libero e ampio, non solo delle parti comuni ma in taluni casi anche della loro abitazione. CONFABITARE che  promuove e difende ogni iniziativa volta a tutelare i  proprietari immobiliari, ha valutato ed apprezzato con interesse tali nuovi orientamenti giurisprudenziali riconoscendone un pieno valore civico.

La nostra neo associazione valuta, studia ed ascolta sempre le problematiche sottoposte alla sua attenzione ed è cosciente del fatto che tali comportamenti arrecano disagi e disturbi a chi, suo malgrado li osserva, li vive e in qualche caso li subisce; è propio questo che però bisogna evitare, subire in modo silente un comportamento sbagliato e non consono al decoro di uno stabile e alla dignità di un vivere civile. Bisogna, al contrario, indicare ed evidenziare l’errore, discuterne con chi lo ha commesso, fargli comprendere l’importanza di usare gli spazi comuni e quelli propri, avendo cura ed attenzione di non arrecare disturbo agli altri. Infine, se tali atteggiamenti sensibilizzanti non sono sufficienti, occorrerà attivarsi in ogni modo per far ravvedere chi attento non è, anche tramite l’intervento di un giudice terzo come per il caso su citato.

Autore: avv. Luca Santarelli – Consulente Legale Confabitare

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