Con la riforma del catasto rischia di aumentare l’imposizione immobiliare

Con la riforma del catasto rischia di aumentare l’imposizione immobiliare

Uno degli oggetti della riforma fiscale è la revisione del catasto. Dal grande riordino del catasto ci si aspetta soprattutto equità, ossia l’obiettivo è quello di riavvicinare i valori fiscali a quelli di mercato, eliminando così le sperequazioni tra immobili analoghi ma con valori catastali diversissimi.

L’impianto della delega per riformare il Catasto prevede che:

  • il valore patrimoniale medio dovrà essere stabilito sulla base del valore di mercato espresso in metri quadri e determinato con funzioni statistiche espresse in un algoritmo;
  • la rendita catastale (usata attualmente per esempio ai fini delle imposte sui redditi) andrà determinata con metodologie analoghe a quelle usate per il valore patrimoniale, ma basata sul valore locativo ed espressa anch’essa in metri quadri.

La revisione del catasto potrebbe essere anche l’occasione per una riflessione più seria su tutto il sistema dell’imposizione fiscale sugli immobili.

In Italia, tradizionalmente, si è sempre tassato poco il patrimonio al momento del possesso e molto al momento della realizzazione quando cioè il patrimonio viene venduto ad altri. Negli ultimi anni si è invece aumentata molto la prima forma di imposizione sugli immobili ma si è mantenuta elevata l’imposizione al momento della transazione: un’assurdità. Per chi ha un patrimonio immobiliare ma non un reddito , pagare imposte patrimoniali può diventare un problema serio. Soprattutto in un momento come questo dove il mercato delle compravendite è fermo e ridurre i tanti tributi che si pagano al momento dell’acquisto di un immobile è una necessità in quanto darebbe una mano a un settore in crisi. Dovrebbe essere riesumato un decreto di un paio di anno fa di cui si sono perse le tracce, che aveva stabilito che anche le imposte sulle transazioni immobiliari sarebbero finite ai Comuni assieme a quelle sul possesso degli immobili, Comuni che avrebbero quindi potuto gestirle insieme.

Vorrei trattare di un aspetto forse non ancora ben analizzato e cioè delle possibili conseguenze che deriveranno dalla revisione dei valori ai fini delle imposte dirette e indirette a seguito della revisione del catasto oggetto della riforma fiscale che sta facendo i suoi primi incerti passi con le bozze dei decreti delegati.

Il problema è sicuramente stato preso in considerazione dal legislatore, non poteva certo essere altrimenti. Infatti la delega per la riforma del catasto ha previsto una cosa importante: l’invarianza di gettito complessivo relativamente agli immobili.

Tutta la riforma del Catasto ruota attorno a tre parole: “invarianza di gettito”, ma ciò non sarà certo una passeggiata. Purtroppo sono solo belle parole di difficile applicazione sotto l’aspetto pratico e operativo.

La riforma catastale modificherà radicalmente i criteri di determinazione dei valori catastali imponibili portando i valori fiscali più vicini ai reali, rispetto a quelli attuali .

Le nuove rendite saranno quasi sempre più alte di quelle attuali e ciò si trasformerà automaticamente in un aumento delle tasse a carico dei proprietari immobiliari. Le prime stime sugli effetti della revisione delle rendite e della costruzione dei valori patrimoniali testimoniano un aumento degli importi della tassazione addirittura dieci volte superiori agli attuali. L’aumento in termini percentuali sarà tanto più elevato quanto più basso è il livello delle attuali rendite.

Al di là dell’aumento sicuro dei valori non dovrebbe, in base alle promesse del Governo, aumentare il gettito complessivo come abbiamo visto prevede la legge. Ci sono però parecchi aspetti problematici irrisolti difficilmente risolvibili.

L’invarianza di gettito prevista dalla legge delega non è infatti invarianza del prelievo a carico del contribuente, né invarianza di una specifica imposta, ma sembra, di poter intendere che sia semplicemente invarianza teorica di gettito totale per lo Stato. La legge delega non stabilisce nemmeno il principio dell’invarianza del gettito a livello locale in quanto manca una specifica norma in tal senso.

Il Governo è delegato ad emanare, tramite decreto legislativo, norme dirette a garantire invarianza del gettito delle singole imposte il cui presupposto e la cui base imponibile sono influenzati dalle stime di valori patrimoniali e rendite, prevedendo, contestualmente all’efficacia impositiva dei nuovi valori, la modifica delle relative aliquote impositive, delle eventuali deduzioni, detrazioni o franchigie, in modo da evitare un aggravio del carico fiscale, con particolare riferimento alle imposte sui trasferimenti e all’Imu, prevedendo anche la tutela dell’unico immobile non di lusso e tenendo conto, nel caso delle detrazioni Imu, delle condizioni socio-economiche e dell’ampiezza e della composizione del nucleo familiare in base all’Isee. E’ anche stato previsto un monitoraggio con possibili interventi correttivi con dichiarato obiettivo di ridurre l’imposizione fiscale.

Ma purtroppo non possiamo attenderci niente di positivo per i contribuenti né a riforma completata né nel frattempo.

Appurato che i nuovi valori degli immobili che scaturiranno dal nuovo catasto saranno maggiori rispetto agli attuali, ove le aliquote sia per le imposte dirette che per quelle indirette non subissero la stessa riduzione proporzionale corrispondente al relativo aumento di valore degli immobili, ne conseguirebbe una situazione del tutto insostenibile da parte dei contribuenti.

L’aumento dei valori sarà molto diversificato sul territorio, sia per area che per zona e per tipologia di immobili. Sarà dato maggior peso al posizionamento dell’area (città o periferia), alle zone (più o meno degradate), agli interventi di recupero e all’età dell’immobile.

Le aliquote, invece, si presume rimangano uniformi su tutto il territorio nazionale come accade oggi. Ma per garantire l’equivalenza dovrebbero essere previste aliquote per ogni Comune o meglio aliquote per ogni immobile. Oppure una sola aliquota che possa tenere conto di tutte le variazioni. E questo sia per le imposte dirette che per le indirette. Chiaramente non potrà essere così.

Ma ci domandiamo: che senso ha tutto ciò? Dove si arriverà? E chi pagherà di più? E qualcuno riuscirà a pagare di meno ?

Ma allora non varrebbe la pena di stare fermi? C’è qualcosa di schizofrenico in tutto ciò.

E l’unica spiegazione che ci diamo è solo una, scoraggiante: si vuole aumentare il gettito, facendo finta di nulla. Si anticipa una rassicurazione: la riforma fiscale ha l’obiettivo di ridurre le imposte, si dà poi la bonaria rassicurazione che il gettito totale sugli immobili non aumenterà e si abbandonano i contribuenti al loro triste segnano destino.

A me pare difficile per non dire impossibile l’applicazione pratica della clausola di salvaguardia.

Evidentemente non basta il disastro della Tasi, con migliaia di delibere e di regolamenti, in un guazzabuglio sempre più inestricabile: con un’ imposta che doveva ridurre l’imposizione rispetto all’Imu e che invece, soprattutto per i più deboli, l’ha aumentata.

Già i pasticci degli ultimi anni hanno portato al collasso il mercato immobiliare. Per raccogliere subito qualche risorsa si è di fatto applicato una patrimoniale monstre sul patrimonio immobiliare e tutto ciò per nulla. Siamo tutti più poveri e con scarse e sempre più incerte possibilità di crescita.

A mio avviso il nuovo catasto darà il colpo di grazia al settore già fiaccato.

 

Autore: dott. Alessandro Notari – Presidente Centro Studi Fiscale Nazionale Confabitare

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